Dall’alto tutto
sembra diverso. È possibile guardare da un’altra prospettiva una partita di
calcetto sulla strada, notare l’irregolarità delle strade, una scala misteriosa
che porta da un balcone al tetto oppure una terrazza decorata a cui non porta
nessuna scala. In lontananza, in un giardino denso sulla terrazza qualcuno fuma
una sigaretta, chiaramente non gli basta respirare un ossigeno indispensabile
creato dalle piante che lo circondano. Sul balcone vicino una donna appende il
bucato alzando il volume della radio ed
un ritmo vivace della canzone rimbalza come una piccola palla gonfiabile
dai muri degli edifici vicini. Un attimo fa sento un tintinnio delle monete e
un rumore di una lattina caduta. Dietro di me un uomo con delle ciabatte da
mare apre la sua pepsi che un attimo fa si è rotolata verso le sue mani da un
distributore automatico che ronzava come uno sciame di api. Colui si guarda
intorno, dando un’occhiata ai tetti di Barcellona dopo di che lentamente
sparisce dietro la porta del vano scale.
17 ott 2015
10 ott 2015
Un muffin in volo
Quasi quasi
abbiamo perso il treno.
Quando alla
stazione, vicino ai distributori di biglietti cercavo per la terza volta di spiegare ad una
signora con i capelli biondi che con il foglietto che aveva appena acquistato
potrà tranquillamente prendere il treno per Venezia a qualsiasi ora di quel
giorno se prende un treno regionale, il Mio Amato mi toccava col gomito,
guardando nervosamente l’orologio. “Stiamo
per perdere il treno”, sibilava, sorridendo con nervosismo alla signora di una
nazionalità indefinita, con la quale stavo discutendo. Lo stress mi ha stretto
la gola quando ho informato la donna di questo fatto ed a lei sembrava non
importare che il nostro treno stava per partire e continuava a fare le domande.
Le ho rispiegato, passo dopo passo, tutto quello che doveva fare (convalidare
il biglietto e salire sul treno), dopo di che, assicurandola ancora una volta
che tutto andrà bene e arriverà a
Venezia se fara come le avevo appena detto, ci siamo salutate così
affettuosamente come in fretta.
Quando siamo
arrivati al binario, il treno suonava ormai impazientemente, pronto a partire.
“Ma com’è possibile
che noi sempre dobbiamo andare in fretta?”, ha chiesto retoricamente l’Amato, sedendosi
accando a me.
2 ott 2015
Quando i luoghi ci chiamano
E' successo.
Ho messo il naso al di fuori
dello stivale italiano. L'inaspettato
non mi ha spazzato, anche se durante l'atterraggio le turbolenze hanno scosso
tutto l'aereo. Mamma
diceva che là le turbolenze capitano spesso, tuttavia non ero sicura se quella
volta non fosse stato il tremare del mio cuore. Guardò fuori dalla finestra e
al di sotto delle nuvole dense, si poteva vedere il contorno del porto. Siamo
arrivati.
Non mi ricordo il primo momento
in cui ho sentito l'aria locale nei miei polmoni, ma se nella mia mente
camminavo così tante volte su quella terra, ed il mio io
sembrava conoscere a memoria la composizione delle strade, forse il mio
corpo ha riconosciuto come familiare anche l'aria. Quello che è successo dopo, dal momento in cui sono
scesa dall'aereo, poi salita sull'autobus e alla fine arrivata a carrer
d'Urgell, mi sembrava un delirio onirico e come accade in un sogno, delle
seguenze di scene irreali di cui ero testimone. Al carrer d'Urgell siamo scesi
come gli unici e invece di una folla di gente, e tra di loro i borseggiatori,
per strada c'era solo una signora seduta sulla panchina e un gruppo di giovani
che stavano andando lungo la strada con un passo veloce. Quando, sorridendoci,
ci siamo messi a camminare giù la strada, davanti agli occhi avevo ancora le
parole, visualizzate su un piccolo schermo in autobus, accompagnate da una emoticon
sorridente "Hooray!You are finally here!".
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